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Azienda cita in giudizio colosso bancario per interessi usurari

Un imprenditore cita in giudizio un colosso bancario per un conto corrente del 2002. Accuse di anatocismo, applicazione di interessi usurari e violazione dei termini di buona fede.

Delle accuse forti e la verifica del ctu

Un imprenditore cita un giudizio un colosso bancario per far esaminare un conto corrente del 2002. Le accuse verso la banca sono non indifferenti: anatocismo, commissioni di massimo scoperto non fondate, usura bancaria e richiesta di condanna per violazione dei termini di buona fede e correttezza contrattuali. Per far avvalere maggiormente la propria tesi, la parte attrice si avvale anche di documentazioni redatte da un ctp.

La banca afferma, tramite l’ausilio dei propri legali, che il contratto non viola in alcun modo i termini di correttezza e buona fede, visto che è la persona del fideiussore coincide con il titolare della ditta. In questa maniera si riconosce anche che la ditta è formata da un’unica persona, che è a conoscenza di tutti i termini, peraltro scritti, del contratto. Per gli altri punti invece, si affida al giudice, rigettando le accuse.

Conto Corrente New Concept Advisory
Banca condannata ad accreditare sul conto della correntista € 158.000

Il Tribunale di Oristano decide di nominare un ctu per verificare il conto corrente e tutte le transazioni in esso presenti. In questa maniera il Tribunale è stato in grado di rispondere a tutti i punti richiesti dalla parte attrice.

Per quanto riguarda la violazione dei termini di buona fede e correttezza contrattuali, il giudice conferma la tesi della banca, ovvero che non c’è alcuna violazione dei termini sopra citati. Questo perché la società corrisponde in una sola persona, e quindi entrambe le parti sono a conoscenza di tutti i termini contrattuali, che sono legalmente documentati.

Quanto all’anatocismo invece, bisogna ricordare che questo conto corrente prevede le commissioni di massimo scoperto, concordato con il regime di ricapitalizzazione trimestrale. E da questo si ricollega il discorso delle c.m.s., che sono correlate al massimo scoperto. E, sotto l’aspetto delle c.m.s, gli interessi sono stati gonfiati in maniera indebita. Quindi, la domanda della parte attrice è stata in parte accolta.

Una vittoria per l’imprenditore, quindi, e una sconfitta per la banca.

La condanna

In conclusione, il Tribunale di Oristano, accogliendo in maniera parziale la domanda dell’imprenditore, così ha deciso:

  • dichiara che la differenza del saldo di conto corrente indebitamente addebitata ammonta a euro 37.271,01. Ora il conto corrente ha un saldo a debito del correntista pari a euro 2.924,13. (contro i 40.195,14 iniziali).
  • condanna la banca a risarcire alla parte attrice le spese legali che ha dovuto sostenere.
  • pone a carico dell’istituto di credito le spese del ctu.

Così è stato deciso in data 16/03/2017.

Una sentenza importante

Questa sentenza è molto importante per svariati motivi. In primis perché sono state riconosciute le colpe della banca verso l’imprenditore. Ma anche perché sono state incluse le c.m.s. nel calcolo degli interessi. Orientamento che si discosta da quello della Cassazione.

Una sentenza molto importante è anche quella di Lecce, in cui una banca dovrà risarcire 126.000 euro a un cliente per anatocismo.


Fonte: Sentenza n. 229/2017 pubbl. il 16/03/2017 RG n. 1901/2013 Repert. n. 261/2017 del 16/03/2017