Draghi New Concept Advisory

Un sistema bancario che deve correre ai ripari

Secondo Sileoni, segretario generale della Fabi, l’Italia deve temere il successore di Draghi, attuale presidente della Bce. Il motivo è che probabilmente la Bce, dopo Draghi, non aiuterà più l’Italia in ambito finanziario.

Il successore di Draghi: una minaccia per l’Italia

ll sistema bancario deve essere messo in sicurezza entro il 19 ottobre del 2019, data di scadenza della presidenza Draghi alla Bce. È quanto afferma il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. “Con il suo successore il nostro Paese è destinato ad avere problemi ancora maggiori” osserva Sileoni, che non nasconde di essere un estimatore del presidente della Bce. Infatti per lui Draghi “è stato in grado fare il lavoro che la politica italiana non sempre ha svolto”.

“I tedeschi”, aggiunge, “ci puntano e, comunque, dopo Draghi le cose per noi saranno più difficili. Bisogna tener presente che Draghi sino a oggi ha colmato il vuoto di una politica nazionale che ha trascurato il settore del credito. Perciò occorre fare presto, mettendo in campo risorse adeguate: 20 miliardi non bastano”.

Per il sindacalista, quindi, i 20 miliardi messi in campo dal governo a sostegno delle banche non sono sufficienti, anche se si riconosce la validità dell’intervento governativo sugli ammortizzatori sociali per il settore.

Il problema Mps e delle banche venete

“C’è il problema Monte dei Paschi di Siena“, continua Sileoni, “le due venete (Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca), le quattro ex bad bank (Banca Marche, Banca Etruria , CariChieti e CariFerrara, ndr) e ci sono altre situazioni di aziende medio-grandi che potrebbero entrare in sofferenza e richiedere un intervento pubblico”.

In particolare fusione, cambiamento di nome e accordi con azionisti e obbligazionisti è la ricetta del segretario generale della Fabi per il risanamento di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Alla vigilia dei cda delle due banche, che lunedì 9 gennaio presenteranno il piano di rimborso parziale agli azionisti vittime dei due istituti, il leader sindacale sottolinea l’importanza di “disinnescare le vertenze”.

“La prima cosa da fare con la fusione”, suggerisce Sileoni, “è cambiare nome per dare un segnale di discontinuità rispetto alle precedenti gestioni. Poi occorre cercare e trovare accordi con i clienti azionisti ma anche con le associazioni dei consumatori per disinnescare il più possibile i contenziosi in essere. Le risorse si possono trovare vendendo buona parte del patrimonio immobiliare che, complessivamente, si aggira intorno a 800 milioni”.

Sileoni, invece, non si sbilancia sul caso Mps. “Per quanto riguarda Mps occorre evitare una nuova gara tra i partiti per assumerne il controllo politico. Se ripetiamo l’esperienza di invadenza del passato la banca non avrà alcuna possibilità di riprendersi”.

Un nuovo modello di banca

Più in generale il mondo delle banche è destinato a cambiare molto profondamente. “Nell’immediato abbiamo due questioni: la trasformazione in spa delle banche popolari e quelle di credito cooperativo. Bisogna vedere quante e quali saranno le aggregazioni. E’ presumibile immaginare un sistema bancario che nel giro di tre anni passerà da 15-16 a 9-10 gruppi bancari. C’è poi da chiarire il modello di banca, il perimetro di attività e, conseguentemente, il volume e tipologia di occupazione”.

Per questo Fabi chiede l’apertura di un confronto sull’innovazione tecnologica e sul nuovo contratto di lavoro. “Puntiamo a un nuovo modello di banca che ampli il suo perimetro di attività, offrendo nuovi servizi, utilizzando nuove professionalità. Io immagino una banca che offra ai propri clienti anche servizi di assistenza fiscale o consulenze in diritto commerciale”.

Gli istituti di credito devono evolversi per sopravvivere

Il quadro di Sileoni mostra come le banche debbano evolversi al passo coi tempi. È l’unica maniera per rimettersi in piedi entro la fine della presidenza di Draghi, periodo in cui la Bce probabilmente aiuterà meno l’Italia.

Infatti bisogna ricordare che attualmente i nostri istituti bancari sono visti come una minaccia. Per cui la sola via percorribile è sanare questo status negativo.


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