Banche New Concept Advisory

Danièle Nouy parla delle banche europee.

Danièle Nouy, capo del supervisory board della banca centrale europea, commenta la situazione degli istituti di credito in Europa in un’intervista concessa a Repubblica.

Lo stato degli istituti europei

Il Comitato di Basilea ha rimandato la decisione su Basilea IV. E’ una buona o una cattiva notizia, per le banche europee?
“È difficile da dire. La cosa importante è completare ciò che abbiamo iniziato. E velocemente. Le banche stanno riflettendo sulla sostenibilità dei loro modelli di business e devono sapere qual è il quadro regolatorio.”

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Non pensa che stia diventando asfissiante?
“La regolamentazione è diventata più severa, ma non dimentichiamoci da dove veniamo: una situazione in cui il quadro regolatorio per le banche era insufficiente e la vigilanza, probabilmente, non abbastanza severa. Una delle lezioni che abbiamo imparato dalla crisi è che dobbiamo pretendere più accantonamenti e un capitale di migliore qualità e una gestione più attenta dei rischi di liquidità.”

Con il ridimensionamento in corso di colossi come la Deutsche Bank lei non vede rischi di una supremazia delle banche d’affari americane in Europa?
“In Europa le aziende si approvvigionano per il 70-80% attraverso le banche, il resto viene dal mercato. Negli Stati Uniti è l’opposto. Non abbiamo necessariamente bisogno dello stesso tipo di banche di investimento.”

Insomma va bene se le banche europee sono più deboli nell’investment banking?
“Alcune banche europee sono perfettamente in grado di garantire questi servizi.”

La situazione Brexit

La prospettiva di una “hard Brexit” annunciata dalla premier britannica Theresa May sta già facendo scappare alcune banche in Europa. Che sfide comporterà la Brexit per la Vigilanza che lei presiede?
“Ancora non sappiamo con certezza cosa succederà. Il negoziato sarà lungo e complicato. Effettivamente potrebbero esserci più banche nell’eurozona che prima della Brexit e potremmo dover prendere più decisioni sulle licenze per le attività bancarie e sui modelli di credit assessment interni usati da questi istituti. Ciò potrebbe implicare la necessità di maggiori risorse, incluso per i supervisori nazionali, ma ci penseremo al momento opportuno. Sono fiduciosa che saremo in grado di gestire il post Brexit”.

Non pensa che il mercato europeo sia già saturo? C’è spazio per nuovi istituti?
“In effetti, nel complesso non c’è una mancanza di servizi bancari. Ne abbiamo abbastanza. Ma non è detto che se ne aggiungano, alcuni servizi sono già garantiti da Londra adesso. Ci potrebbe essere uno spostamento a Francoforte, Parigi o Milano, per esempio. Ma non credo ci siano rischi di una grande aumento”.

Una supervisione dura

Lei è stata un “supervisore duro in tempi duri”. Non è pericoloso se la vigilanza è pro-ciclica – cosa che è accaduta, in qualche caso?
“Questa è una buona domanda. Noi non vogliamo essere troppo pro-ciclici. Ma purtroppo a volte succede. Prima delle crisi, quando ci sono “cieli blu” ovunque, è difficile spiegare che bisogna essere rigorosi. Dopo una crisi chiunque – le banche stesse perché il loro capitale di rischio è peggiorato e i supervisori devono fare in modo che il sistema sia solido – è obbligato a prendere misure che abbiano una certa dimensione pro-ciclica, questo è certo. La cosa importante da notare, in questo senso, è che ci sono varie riserve o requisiti di capitale aggiuntivi che si sono aggiunti negli scorsi anni per incoraggiare le banche a prendere decisioni prudenti, dal punto di vista del credito, per ridurre in qualche modo la tentazione di “prestare troppo” in tempi buoni.”

La Vigilanza non dovrebbe avere un approccio più macro-prudenziale?
“In Europa ci sono molti attori che contribuiscono alle politiche macro-prudenziali: i supervisori e le banche centrali nazionali, le istituzioni europee, inclusa la BCE e in particolare la Direzione generale che si occupa della stabilità finanziaria. Ma noi siamo soltanto uno degli attori.”

E allora non pensa che la vigilanza dovrebbe sentirsi una responsabilità in più quando prende delle decisioni, se adotta una prospettiva macro-prudenziale?
“Sì dobbiamo sempre prendere in considerazione il quadro generale. E condurre degli studi sull’impatto delle nostre decisioni. Ma lo facciamo. E per problemi esistenti, come il nodo dei crediti deteriorati, dobbiamo essere realistici, realizzare che affrontarlo è un viaggio lungo che richiede del tempo. Ma quando si ha un viaggio lungo da fare, è meglio cominciare presto.”

Un trattamento diverso verso alcune banche?

Secondo lei i derivati non sono pericolosi quanto i crediti inesigibili?
“Li prendiamo molto sul serio, infatti. I rischi di credito sono importanti quanto i rischi di mercato. Entrambi vanno monitorati da vicino”.

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Derivati e aumenti di capitale: la storia di MPS

Lei è stata accusata di avere un approccio più morbido con le banche tedesche. Negli stessi giorni delle comunicazioni su Mps, le richieste di capitale per Deutsche Bank sono state alleggerite. Come risponde a queste accuse?
“Noi trattiamo tutti allo stesso modo. Ma è ovvio che chi attraversi un periodo complicato possa avere difficoltà a essere obbligato a migliorare la propria situazione.”

Eppure, alcuni sostengono che siate stati più accomodanti con determinate banche riducendo i livelli di capitale loro richiesti per quest’anno.
“I requisiti di capitale “Pillar 2” sono ritagliati specificamente sulle singole banche: vuol dire che si riferiscono a delle riserve che richiediamo specificatamente prendendo in considerazione i rischi tipici per quegli istituti. Ciò si aggiunge al requisito di “Pillar 1″, che si applica a tutti gli istituti vigilati, e a determinati requisiti di capitale aggiuntivi che pure si applicano a tutte le banche. Quindi, non è che abbassiamo i criteri per determinate banche deboli nel 2017.”

Le banche e l’era dei tassi bassi

Tornando all’accordo sull’Unione bancaria del 2012, pensa sia stato un errore escludere le banche minori come le Sparkassen?
“No, penso di no. Mettere in piedi una supervisione bancaria europea in così poco tempo è stata comunque un’impresa titanica. E sarebbe stato difficile includere altre banche, oltre a quelle sistemiche.”

Come possono le banche sopravvivere in un’era di tassi bassi?
“Anzitutto va rilevato che i tassi bassi hanno avuto un’influenza positiva sulle banche, per un certo periodo. Hanno garantito un quadro economico migliore, ma anche le condizioni per stimolare la crescita. Il rischio di credito si è abbassato. Le banche hanno osservato come i titoli a reddito fisso, i rendimenti sui bond e il costo di approvvigionamento si sono mossi a loro favore. Il problema è quando il periodo a tassi bassi diventa prolungato, è quello a creare delle difficoltà.”

Prevede un aumento degli esuberi nel settore bancario, nei prossimi anni?
“Non necessariamente. Anzitutto, la demografia gioca a nostro favore. Un’ampia generazione di banchieri che ha cominciato a lavorare negli anni ’70 sta raggiungendo l’età della pensione, per cui la transizione potrebbe essere più morbida di quanto previsto. In ogni caso anche la digitalizzazione è una sfida, per alcuni istituti. Ma su questo punto il sistema creditizio non ha una grande scelta – le nuove generazioni danno per scontata la digitalizzazione dei servizi bancari.”

La BCE attiva verso la ripresa

Questa intervista fa comprendere come la Banca Centrale Europea stia procedendo in maniera molto attiva per risanare i problemi finanziari dell’Europa. Una situazione piena di problemi correlati agli istituti bancari.

Tuttavia, secondo il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, l’Italia deve riprendersi in fretta, prima della venuta del successore di Draghi, attuale presidente della Bce. Infatti si prospetta per il futuro un periodo di minori agevolazioni per le banche italiane.


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