Banca condannata per anatocismo
Una banca è stata condannata a restituire ben 285.000 euro a un imprenditore. La motivazione è la presenza di interessi illegali ed anatocismo in un conto corrente.
La storia di un titolare di una ferramenta
Pavia. Un conto corrente gravato da commissioni e interessi mai pattuiti. Il Giudice ha dato ragione al titolare di una ferramenta, condannando la banca in cui il conto era stato aperto a pagare 285.000 euro di interessi non dovuti.
Il Tribunale ha anche disposto il pagamento di 12.000 euro di spese legali. Disposto anche il rimborso della consulenza tecnica che aveva permesso di esaminare il conto corrente. Il giudice, sulla base degli accertamenti, ha riconosciuto la presenza di anatocismo e irregolarità nel pagamento degli interessi e delle commissioni di massimo scoperto.
La causa, che si è chiusa pochi giorni fa, prende avvio nel 2015, quando la società decide di far esaminare il proprio conto corrente. Nel mirino finisce un conto aperto con la banca Carige nel 1985 (prima Cassa di Risparmio delle Province Lombarde e poi banca Intesa San Paolo) e chiuso a dicembre del 2014.
Un conto di quasi 30 anni pieno di illeciti e irregolarità, in cui l’ignara vittima ha dovuto pagare migliaia di euro ingiustamente. Ma poi ha deciso di combattere contro la banca e non farsi sopraffare dalla paura. I soldi che aveva guadagnato con tanta fatica e sudore erano suoi, non della banca. Così è iniziata la battaglia legale, che ha portato alla vittoria del commerciante e alla restituzione di una somma elevatissima. Circa 300.000 euro, tra risarcimento e spese legali.
La decisione finale del Giudice
Secondo il consulente che esamina i documenti bancari, quel conto risulta essere viziato da anatocismo e dall’applicazione di commissioni non pattuite. Le clausole di quel contratto, quindi, per l’avvocato che rappresenta la società, devono essere annullate. La richiesta del legale è di rideterminare il saldo del conto, che è pari a zero al momento della chiusura.
Il tribunale di Milano, competente per la controversia, accoglie la richiesta e condanna la banca a restituire le cifre che sono state pagate indebitamente dalla società in quasi 20 anni di rapporto bancario. Il Giudice Viola Nobili segue il calcolo fatto dal consulente, che quantifica in quasi 300.000 euro la cifra da versare.
Le sentenze favorevoli alle imprese hanno un copione comune. L’azienda parte spesso da un saldo passivo ma alla fine diventa creditrice della banca. In Tribunale poi, gli istituti di credito si comportano in maniera furba. Prima aggirano la questione, prendendo tempo e facendo passare anni e anni prima di arrivare a una conclusione della vicenda. La speranza iniziale è di far mollare il cliente, anche se ha ragione, a causa della lunghezza dell’iter giudiziario. Inoltre, poi, se la persona si mostra troppo tenace, hanno anche delle risposte pronte per ogni quesito posto sia dalla parte attrice che dal Giudice stesso.
La frase più usata: “Noi non abbiamo fatto niente di irregolare o ingiusto. Esaminate questi documenti, vedrete che è tutto in regola”. Così vengono mostrati conti e calcoli eseguiti in maniera spesso arbitraria, in cui vengono mascherati i veri conteggi che andrebbero fatti. Tutto per non far trapelare le illegalità presenti nei loro conti e poter guadagnare illecitamente denaro, alle spalle di poveri clienti.
Una storia dal felice epilogo
Purtroppo questo è l’ennesimo caso in cui le banche voglio raggirare i propri clienti. Questa volta sono stati applicati interessi illegali che hanno portato il correntista a pagare somme non dovute.
Interessante è anche la vicenda riguardante una maxi truffa milionaria, in cui alla fine si arriva al patteggiamento.