Banca condannata per aver ossessionato il cliente-debitore
Aver creato angoscia nel cliente-debitore: banca condannata dal giudice a pagare a questo i danni morali. La storia che vi stiamo per raccontare arriva da Chieti; dimostra come l’atteggiamento ossessivo delle banche o delle società di recupero crediti possa esser punito.
La storia
Un cliente della filiale della banca Santander di Chieti aveva sottoscritto un finanziamento. Per motivi di diverso genere aveva avuto dei problemi nel rientrare di questa cifra. E fin qui una banca può avere anche ragioni da vantare, se il debito non viene saldato.
La questione si aggrava nel momento in cui una società di recupero crediti comincia a contattare l’uomo per conto della banca. Si tratta di numerose telefonate, sempre più assillanti, da quella che nella sentenza di condanna nei confronti della banca, emessa dal Tribunale di Chieti, viene addirittura definita la “famigerata avvocatessa”. Telefonate insistenti a diverse ore del giorno.
Non solo. Le chiamate raggiungono anche l’abitazione del fratello dell’uomo, della sua anziana nonna e, soprattutto, il posto dove l’uomo lavora. Chiamate ripetute a lui, ma anche ripetute a questi soggetti. Telefonate che hanno causato non pochi problemi e imbarazzi all’uomo, costretto a dover raccontare i problemi della propria vita al suo datore di lavoro.
La causa
Esasperato da questo incubo quotidiano, diventato addirittura collettivo, dato che comprende i parenti e il suo titolare, l’uomo si rivolge alla legge. Seguito dagli avvocati Serra e Olivieri, denuncia la banca, per aver diffuso i suoi dati personali senza aver il suo permesso e per la condotta ai limiti dello stalkeraggio da parte della società di recupero crediti.
Il giudice Camillo Romandini, del Tribunale di Chieti, anche sulla base di un simile precedente, ha accolto la domanda dell’uomo, condannando la banca al risarcimento di 10mila euro per “lesione alla riservatezza“. Sentenza che è ormai passata in giudicato, perché a sei mesi dalla sua pubblicazione, la banca non ha presentato alcun ricorso in merito. Nel frattempo il vecchio debito è rimasto tale.
Secondo la sentenza l’uomo aveva sì fornito i propri recapiti telefonici assicurando alla banca il permesso di trasferirli ad una società terza di recupero credito, in caso di bisogno. Ma nulla è menzionato nel contratto, riguardo ai numeri di telefono dei parenti o quelli del suo datore di lavoro. La Transcom, la società di recupero crediti, arriva fino in Puglia, a casa della nonna anziana e malata dell’uomo per sollecitare il pagamento del debito. Tutto questo, attraverso personale specializzato a telefonate volte a incutere paura ai clienti, inducendo magari i debitori a sottoscrivere un ulteriore finanziamento per coprire il debito del primo.
Mai farsi intimidire dalle banche
Questa storia ci insegna a non farsi mai intimidire dalle banche, che sono uguali a noi davanti alla legge. Non sono onnipotenti, non sono per forza più forti di noi. Banca condannata, vittoria del cliente.
Denunciare una banca, muovere causa contro questa, non è comunque una passeggiata. Affidatevi quindi a legali esperti e competenti in materia. Affidatevi a chi le banche le conosce bene, perché le combatte quotidianamente e le sconfigge sul loro terreno.
Fonte: Il Centro