Banche New Concept Advisory

Tutti i nodi vengono al pettine.

Un’inchiesta rivela che sia gli istituti in crisi che quelli più sani hanno guadagnato molto denaro tramite l’apertura di filiali in paesi con aliquote fiscali irrisorie. Somme stimate in decine di migliaia di euro.

Le filiali nei “paradisi fiscali”

Grazie a un indagine, è stato individuato che una moltitudine di istituti bancari guadagna soldi grazie a filiali in Paesi a basso regime fiscale. Per esempio, Unicredit e Intesa hanno realizzato rispettivamente il 23% e il 15% dei profitti pre tasse in nazioni dove il carico fiscale è a livelli minimi. Per Mediolanum la percentuale supera il 50%.

Monte dei Paschi, Veneto Banca, Popolare di Vicenza, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Mediolanum, Ubi e Banca Generali. Tutte accomunate, come emerge da un’analisi sui bilanci 2015, dal fatto di aver guadagnato decine o centinaia di milioni attraverso filiali registrate nei paradisi fiscali europei o nei più noti Paesi a bassa fiscalità del mondo.

Il timore è “che questi fondi possano essere spostati all’estero invece che tornare nelle casse dello Stato, tramite utili tassati in Italia, una volta che le banche si saranno rimesse in carreggiata” commenta l’esperto di fiscalità internazionale Tommaso Faccio. La sua affermazione è principalmente rivolta alle banche che stanno per ricevere aiuti pubblici.

Rocca Salimbeni ha registrato, nel 2015, 107 milioni di utili pre tasse da filiali controllate con sede in Lussemburgo, Irlanda e Delaware (ben otto). Una delle otto società con base negli Usa ha fatto ben 44,9 milioni di profitti, pur contando zero dipendenti. Tra il 2014 e il 2015 l’istituto allora guidato da Fabrizio Viola ha chiuso due società in Irlanda e Olanda, ma le altre restano attive, o almeno lo erano alla data di chiusura del bilancio 2015.

L’inchiesta è stata resa possibile dall’obbligo, imposto alle banche dall’Unione europea a partire dal 2015, di pubblicare il rendiconto dei dati finanziari relativi a tutti i Paesi in cui hanno attività.

I casi di Veneto Banca e degli altri istituti

Un caso che balza all’occhio è quello di Veneto Banca. Istituto che ha succursali in Albania, Croazia, Romania, Moldavia, Svizzera e Irlanda. E da Dublino sono arrivati, negli ultimi due anni, 103 milioni di utili incassati grazie a soli sei dipendenti. Meno fortunata la Popolare di Vicenza, la cui filiale irlandese ha chiuso l’ultimo bilancio con un rosso di 99,8 milioni. Ricordiamo che attualmente Popolare di Vicenza sta attraversando un periodo di profonda crisi.

Intesa Sanpaolo nel 2015 ha registrato il 23% degli utili pre tasse in Paesi a fiscalità agevolata, impiegando lo 0,5% dei dipendenti. A Dubai, per esempio, ha incassato 49 milioni di euro senza versare un euro di tasse e con 18 dipendenti. Ognuno ha fruttato alla banca 2,7 milioni, contro i 315.000 euro fatturati in media dagli impiegati italiani.

Per Unicredit, invece, gli utili registrati tra Bermuda, Cayman, Jersey, Malta, Regno Unito, Irlanda e Lussemburgo sono stati del 15%. Al primo posto c’è però Medionalum. Il gruppo della famiglia Berlusconi ha visto arrivare il 52,5% degli utili pre tasse da Irlanda e Lussemburgo. La succursale di Dublino in particolare ha messo a segno 531 milioni di ricavi e 527 di utili pre imposte. Che dopo le ridottissime tasse locali sono scesi a 461,9 milioni netti.

Lo sfruttamento dei Paesi a bassa fiscalità: una pratica in forte aumento

Questa inchiesta mostra ancora una volta come le banche provano in tutti i modi ad aumentare i loro profitti. Anche se nel farlo utilizzano filiali con pochissimi dipendenti in Paesi a bassa fiscalità, per ottenere ingenti guadagni.

Un caso molto interessante è quello relativo ai titoli tossici, pratica sempre più diffusa dagli istituti per guadagnare ingenti somme di denaro.


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