Esemplare condanna per MPS
Una esemplare condanna nei confronti del Monte Dei Paschi di Siena. L’imprenditore Gianfranco Simonato ottiene il risarcimento di 160.000 euro da MPS, ex Antonveneta.
Una storia di usura e anatocismo, che ha reso impossibile la vita ad un’azienda padovana per qualche tempo. Sconfino sul conto perenne nonostante i continui versamenti, telefonate alle otto del mattino tutti i giorni dal direttore di banca per il rientro anche di 100 euro. L’impossibilità di dormire la notte, sapendo che al mattino presto, sicura e inevitabile come la morte sarebbe giunta la telefonata del direttore di filiale. L’incapacità di focalizzare i propri pensieri sull’azienda e sulla produzione, poiché tutti concentrati su come fare a trovare il denaro per rientrare, rientrare e rientrare e ancora rientrare dello sconfino sul conto in banca. Tipico schema dello strozzino e della vittima di usura ed estorsione.
La vicenda
I protagonisti: una banca avida e assetata di interessi usurari e illegali da una parte, la MPS (ex Antonveneta) e una cooperativa dall’altra parte fatta di imprenditori onesti e lavoratori, diretti da colui che li rappresentava per storia di vita e capacità lavorativa.
Una storia che è poi finita in tribunale, quando finalmente il Presidente di quella cooperativa ha aperto gli occhi e ha voluto fare chiarezza e luce sui conti.
E’ stato un momento magico ed indimenticabile quando l’avvocato a cui si era rivolto gli ha detto: “lei non ha un debito di 140.000 euro come sembrerebbe dal saldo a debito del conto, bensì un credito di 160 mila euro”.
Gianfranco Simonato non ci poteva proprio credere, ma aveva sempre avuto il sentore che gli applicassero interessi troppo alti, e quella era una conferma che andava oltre le sue aspettative.
“Riuscivamo a pagare gli interessi ma non a coprire il debito – ha raccontato a Il Mattino di Padova -. Pur in difficoltà si lavorava ma gli interessi ci strozzavano e la banca continuava a chiederci di rientrare dallo scoperto”. Per soddisfare le richieste dell’istituto quindi la cooperativa era dovuta ricorrere a misure estreme come dimezzare la forza lavoro da 18 a nove persone.
La causa
Raccolta la forza e il coraggio, nell’aprile 2014 è partita la causa che dopo 18 mesi si è conclusa con la sentenza emessa a fine novembre. Che impone di restituire all’ex correntista 141.845 euro più gli interessi legali e le spese di lite. Il giudice Luca Marani ha emesso la sua ordinanza sulla base della consulenza tecnica d’ufficio che aveva autorizzato per verificare i conti della banca.
Nelle more del giudizio, la banca ha continuato a pressare l’imprenditore con richieste di rientro e minacce di segnalazione alla centrale dei rischi, ma lui ha confidato nelle proprie ragioni e nella giustizia.
La sentenza ha ristabilito gli equilibri ed ha annullato un debito che era solo apparente, frutto di addebiti nulli contabilizzati sul suo conto per anni.
L’imprenditore si è liberato dalla schiavitù della banca prendendo in mano la situazione e lasciandosi alle spalle ogni paura. E’ stato ampiamente ripagato.
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